martedì 14 agosto 2012

La strana famiglia Mendelssohn: 1°- il banchiere a scacchi

Non è del tutto vero che le grandi città in agosto siano tristi. I giardini pubblici in estate  si popolano di persone che raramente negli altri periodi dell'anno si siederebbero su una panchina a leggere; ad esempio i ventenni che non possono permettersi villeggiature più amene.

Venerdì scorso mentre al parco vicino casa ero seduto intento a perdere la mia quotidiana battaglia contro il tabacco, la mia attenzione è stata attirata da una coppia di fidanzati ventenni intenti a pochi passi da me ad organizzare con il loro tablet un viaggio a San Gimignano.
"C'è anche un concerto con le musiche di Mendelssohn, ti  prego portamici a me piacciono" La frase della ragazza mi ha fatto sorridere.
Raramente negli ultimi secoli una genia è stata così tanto presente, anche  in ambiti molto diversi tra loro, come la famiglia Mendelssohn.

La famiglia del compositore Felix Mendelssohn era una delle più insigni d'Europa fin dal capostipite, Moses, il nonno di Felix. Nato in una famiglia ebrea modesta ma molto accorto negli affari e convinto della necessità di una integrazione economica e culturale tra gli ebrei ed i "gentili", ben presto fece fortuna fondando persino una propria Banca. 


Manifesto tedesco commemorativo   
stampato nel  bicentenario della nascita di
Moses Mendelssohn (6 settembre 1729-1929)

I profondi  interessi filosofici di Moses Mendelssohn lo portarono ad avvicinarsi al platonismo che contribuì non poco a far conoscere in Germania  pubblicando, nel 1767, anche se la principale diffusione in patria l'ebbe più un secolo dopo, un saggio con un titolo molto esplicativo: Fedone - Sull'immortalità dell'Anima in tre dialoghi.  L'importanza filosofica di quest'opera risiede nella ripresa delle argomentazioni del Fedone  evidenziandone il nesso con l'archetipo platonico al fine di riaffermare,   l'immortalità metafisica dell'Anima rielaborando le prove con argomentazioni più vicine alla sua epoca.


Prima edizione francese (1772) dell'opera di Mendelssohn
molto diffusa nei circoli ebraici di Parigi e Lione
L'Illuminismo che anima queste pagine si concretizza con  l'elevazione della figura di Socrate a universale e portando il Divino a substrato ideologico e morale di tutte le culture. In Francia fu pubblicato nel 1772 ed abbe una notevole diffusione negli ambienti ebraici, probabilmente gli stessi che successivamente parteciperanno attivamente alla Revolution française spinti anche dalla volontà di creare uno stato laico permissivo nei loro confronti.

Moses Mendelssohn fu anche un abilissimo giocatore di scacchi e proprio questa sua passione gli permise di coltivare l'amicizia con un altro amante della scacchiera bianca e nera,  Gotthold Ephraim Lessing. I due amici si confrontavano  spesso sia nel gioco degli scacchi che in dialoghi filosofici e dottrinali, accomunati dalla maestria  nel gioco e parimenti nell'abilità dialettica. Sicuramente Moses Mendelssohn contribuì  alla fortuna di Lessing assicurandogli il patronato dei circoli degli ebrei illuministi.


Moses Mendelssohn, Lessing e la scacchiera in un particolare
della stampa del 1860 di Moritz Daniel Oppenheim
La figura retorica del  dialogo  mutuato per Moses dai dialoghi di Platone nei "tre dialoghi" del Fedone sarà ripresa nel 1778 proprio da Lessing come strumento narrativo per i suoi Dialoghi per Massoni.

Nei "Dialoghi" di Lessing la dimensione didascalico-formativa fra la dichiarazione d'intenti filosofica e l'istruzione  Massonica raggiunge livelli d'eccellenza.
Personalmente mi rammarico quando questi vengono definiti di scarsa attualità o adirittura una "apologia del pessimismo storico". Il terzo dialogo dovrebbe essere conosciuto da tutti coloro che sono stati costituiti  Massoni e da loro ricordato nell'esercizio del dovere politico:

"A dire il vero, per uomini che vogliono superare ogni divisione, questo principio è piuttosto un dato a priori che uno scopo da raggiungere. Ma bisogna pure che vi sia del nitro nell’aria perché i muri si salnitrino!"
Moses non abbandonò mai la fede ebraica, occorrerà aspettare il 1816 per vedere suo figlio Abraham Mendelssohn convertirsi al Cristianesimo (nella confessione luterana) portando anche i figli, tra cui Felix di sette anni,  alla fonte battesimale.




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