Impossibile dimenticare la lunga serie di Calvados bevuti in una fredda nottata di marzo attendendo la primavera e del barman che, svuotando meccanicamente il posacenere, raccontava della sua fuga dalla città turca di Kars poco prima del genocidio, il primo del secolo scorso.
"Non sono curdo. Nessuno ricorderà mai che anche il mio antico popolo ne ha seguito la sorte laggiù. Lei ha mai sentito parlare degli Aissori?"
Stampa ottocentesca della città di Kars |
Era la prima volta che ne sentivo parlare, solo successivamente scoprì che Aissori era traducibile in italiano con un termine foneticamente simile ma sicuramente più conosciuto: Assiri.
All'epoca dell'infanzia del mio amico barman nella zona del Monte Ararat esistevano comunità che ancora conservavano tracce del misticismo e dei misteri babilonesi, zoroastriani e mitraici. Un ramo particolare era costituito dagli Tazid di religione zoroastriana. A quell'epoca, però, come del resto anche oggi, non esistevano solo villaggi di etnia relativamente conosciuta, ma anche molte altre, che invece rimanevano in penombra.
Sono poche le parti del mondo in cui, come in questa zona del Caucaso, un giovane ben predisposto alla spiritualita e al misticismo potesse venire in contatto con una tale varieta d'influssi. Il giovane a cui mi riferisco è Georges Ivanovič Gurdjieff.
Questa regione è prossima all'Iran, dove allora e come certamente avviene ancora oggi, esisteva una forte tradizione Sufi e al contempo una attiva comunità attorno alla chiesa greco-ortodossa. Si può dire che in un certo senso, nell'ambiente che diede i natali a Gurdjieff, accanto a tutta una serie di condizioni ambientali tali da rendere molto dura l'esistenza, c'era, a disposizione di chiunque fosse disposto a ricercarlo, un vastissimo deposito di credenze e pratiche tradizionali di ogni tipo. Lui stesso, nel libro Incontri con uomini straordinari, fornisce indicazioni che conformano questo.
Fotografia giovanile di Gurdjieff |
Già a quindici anni Gurdjieff cominciò a viaggiare, incuriosito dall'origine degli Armeni (suoi antenati materni), attraversando il kurdistan raggiunse la città di Mossul nell'attuale Iraq, situata nell'altra sponda del fiume Tigri ove sorgeva l'antica Ninive.
resti archeologici di Ninive come le può aver viste Gurdjieff alla fine del '800 |
Mossul è sempre stata una città multireligiosa, prima teatro dell'evoluzione del zoroastrismo nel culto di Mitra, poi fin dal II° secolo è stata un importante centro cristiano nella declinazione nestoriana, più vicina agli antichi culti orientali.
Nemmeno l'islamismo è mai riuscito a Mossul ad assorbire completamente i precedenti credo religiosi.
Per un cercatore di Verità come il giovane Gurdjieff la città di Mossul era una tappa obbligata, tuttavia non è possibile verificare se realmente egli trovò in quella zona le "sacche di antico sapere" che ipotizzava ci fossero; egli però nel 1918 insegnava ai suoi allievi (dalla raccolta di testi Vedute sul Mondo Reale):
" dopo un certo tempo, i centri iniziatici si estinguono uno dopo l'altro, e l'antica conoscenza si ritira in fiumi sotterranei, sottraendosi agli occhi dei ricercatori. Anche i portatori di questa conoscenza si nascondono, e pur risultando sconosciuti a coloro che li circondano, non per questo cessano di esistere. Ogni tanto emergono in superficie delle correnti isolate, rivelando che da qualche parte, in profondità. anche ai nostri giorni scorre il possente fiume dell'antica conoscenza dell'essere. Aprirsi un varco fino a questa corrente, trovarla, ecco l'obiettivo e lo scopo della ricerca"
Oppure se successivamente ideò in autonomia la sua personale visone della Magnus Opus, quella nuova forma di misticismo filosofico che chiamò la quarta via.
Da tutti i resoconti che lui stesso ci fornisce della propria infanzia, così come dalle tracce lasciate negli anni seguenti della sua vita, appare evidente che nel suo carattere c'erano elementi che potremmo definire molto "umani".
Egli era un individuo passionale, che amava il cibo, le donne, la bellezza anche esteriore; soggetto ad impetuosi attacchi d'ira. Senza contare che al fine di soddisfare la sua sete di sapere, era del tutto pronto a non farsi nessuno scrupolo su come ottenere le informazioni. Ma d'altra parte mai, in nessun momento, ricchezza materiale e fama lo interessarono veramente; accanto alla materialità c'era in Gurdjieff anche una calda empatia per le sofferenze del genere umano, una compassione fuori dal comune.
Per lui l'umanità non era cattiva, dannosa o pericolosa: era bisognosa d'aiuto, e ciò lo condusse ad avvertire l'estremo bisogno di trovare un modo d'aiutare i suoi simili per liberarli da questa condizione. Egli concepiva l'uomo come un insieme di ego in lotta tra loro per esserne la guida, tanti fari accesi nella nebbia che rischiano di far naufragare la nave. Ricordi di esperienze e paure ancestrali che necessitano di purificazione per poter divenire veramente una guida, impotenti autonomamente ma docili nel caso in cui sopravvenga una spinta evolutiva esterna identificata con il Maestro o l'academia creata dal Maestro: l'alternativa occidentale al Ashram di tradizione orientale.
L'Enneagramma, il simbolo della quarta via di Gurdjieff |
La crescita interiore avviene attraverso dei veri e propri "salti evolutivi" che fondano l'uomo alle sue conoscenze creando una struttura permanente dell'essere, che non potrà mai più andare smarrita.
L'uomo-oggetto si trasforma in un uomo-soggetto, padrone di se stesso e capace di percorrere definitivamente la via della propria, compiuta, autorealizzazione. Ricordiamo la precisa espressione di Gurdjieff:
"solo l'uomo che giunge a questo livello realizza un centro di gravità permanente
che è fatto delle sue idee, del suo apprezzamento del lavoro e della sua relazione con la scuola."
E' indubbio che egli avesse delle capacità speciali. Ci sono pervenute innumerevoli testimonianze sulle eccezionali abilità ipnotiche di Gurdjieff, chi lo frequentava asserisce anche che potesse, in alcune circostanze, leggere nel pensiero del suoi interlocutori o trasmettere suggestioni mentali.
Se fosse vissuto nei gloriosi secoli dell'Impero Romano in latino l'avrebbero chiamato magus, in greco magos, tutti termini utilizzati dal cristianesimo per i "Re magi". C'è comunque un errore di fondo, una traduzione approssimativa che ha trasformato colleghi in subalterni: l'etimologia dal sanscrito mah-ati è stato utilizzato nei vangeli con il significato di portatori di doni o ricompense.
Il termine invece deriva dal più antico termine, in sanscrito vedico, maghá-van traducibile con (colui che) ha il dono dall'unione della radice Mag (potere) e van (forma riflessiva); a conferma nel Rgveda è usato anche in relazione a graziose fanciulle che, quindi, hanno i doni della bellezza.
Personalmente, riflettendo su Georges Ivanovič Gurdjieff, mi fermo e riparto da questa frase (sempre dalla raccolta di testi Vedute sul Mondo Reale):
"...egli (l'uomo) comincia a intravedere, prima come un tenue barlume, poi sempre più chiaramente, la viva luce della Verità che non ha mai smesso di illuminare l'umanità attraverso le epoche remote. Le origini dell'iniziazione si perdono nella notte dei tempi. Da un'epoca all'altra si delineano culture e civiltà emerse dalle profondità di culti e misteri che, perpetuamente in trasformazione, compaiono e scompaiono per poi nuovamente riapparire. La Grande Conoscenza viene trasmessa per successione di era in era, di popolo in popolo, di razza in razza. I grandi centri iniziatici in India, Siria, Egitto, Grecia, rischiarono il mondo di vivida luce. Di generazione in generazione, vengono tramandati con reverenza i nomi venerati dei grandi iniziati, portatori viventi della Verità."
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